LA SCELTA DELLA CARTA GIUSTA

E’ un campo di intervento vastissimo. Non esiste un principio guida fisso  al quale attenersi ma alcune considerazioni di base si possono fare e hanno tutte delle motivazioni valide.

Per le stampe di buona qualità di fotografie, quadri, cataloghi di articoli di moda, la soluzione ideale è sempre la carta patinata (opaca o lucida) che permette l’ancoraggio dell’inchiostro di stampa perfettamente e ne consente l’essicazione in un tempo ragionevole anche se non si ha un forno in uscita della macchina da stampa.

La superficie liscia della carta patinata (si chiama così per la sua lisciatura con polveri o cerate dopo la produzione della carta base che di solito è porosa)accoglie la deposizione degli inchiostri offset con grande precisione e buon rimando cromatico, limitando al minimo i cambi di colore dovuti all’assorbimento e all’asciugatura.

Non sono rari casi in cui i primi fogli di stampa, considerati soddisfacenti al momento dell’avviamento, sono anche molto diversi da quelli di fine tiratura e non solo per imperizia degli stampatori  o per inchiostrazioni insufficienti nella dosatura di calamaio ma spesso per la qualità della carta impiegata.

Le considerazioni economiche, il costo della carta per intendersi, spesso indirizzano su un materiale meno costoso ma che non dà garanzie assolute sul risultato finale.

Una patinata “classica”, per non fare nomi di produttori, ha un costo molto più elevato della patinata comune, anche del 200% in più e non tutti hanno voglia di spendere molto se la qualità del prodotto da pubblicizzare non è eccelsa  o non c’è la necessità di una fedeltà del colore esagerata.

Tutte le patinate comuni, sempre che alla produzione non si siano verificati errori, sono utilizzabili e danno buoni risultati.

Altro discorso per le carte porose come quella che viene comunemente chiamata “uso mano” (cioè adatta alla scrittura manuale con penna ad inchiostro) e che, proprio per questa sua caratteristica, assorbe l’inchiostrazione di macchina non restituendo appieno il cromismo che si vorrebbe ottenere. I colori sono di solito più spenti e variano anche molto di tonalità. La carta uso mano insomma si presta di più a riprodurre testo anziché immagini ma ha una sua validità per la riproduzione di stampe “antiche”, cioè litografie d’arte o incisioni laddove, cioè, non occorre la riproduzione fotografica.

Il discorso vale anche per altri tipi di carte o cartoncini lavorati e di pregio di cui si potrà parlare in altra occasione.

Ufficio Tecnico

Pier Paolo Taviani

IL PUNTO OMEGA

E’ una variazione della confezione con punto metallico a sella.

Il punto normale è la confezione tipica dei quaderni, composti da non troppe pagine e completi in sé stessi, ma quando c’è la necessità di raccogliere più pubblicazioni monografiche in un unico corpo, come le collezioni di mobili o di produttori diversi o di serie di parti di ricambio, si può ricorrere a questa confezione in cui il punto omega altro non è che un occhiello metallico sporgente che si può inserire in un raccoglitore ad anelli che ne contiene altri.

Il vantaggio è che quando un articolo esce dalla produzione si può sostituire il solo quaderno interessato e non tutto il catalogo.

In un mondo in cui l’usa e getta è la corrente di pensiero dominante e in cui lo spreco non è più un peccato è una  inversione di tendenza ma anche un risparmio concreto che in questo periodo può fare comodo.

Ufficio Tecnico

Paolo Taviani

Il Manifesto

Come tutti sapiamo un manifesto è un foglio di carta stampato che si affigge in un luogo pubblico allo scopo di comunicare qualcosa o fare pubblicità.

In Italia la dimensione standard del manifesto è di 70x100cm (con multipli o sottomultipli di questa misura).
A differenza del poster, che di regola ha un orientamento orizzontale (il lato lungo rappresenta la base, il lato corto rappresenta l’altezza), il manifesto ha un orientamento verticale (il lato corto rappresenta la base, il lato lungo rappresenta l’altezza)

Le caratteristiche principali del manifesto (che poi sono, in linea di massima, le stesse del poster) sono le seguenti:

Vantaggi:

  • Impatto visivo
  • Avere una sorta di monopolio (assieme al poster) per quanto riguarda la pubblicità esterna
  • Possibilità di essere posizionati in maniera strategica (ad esempio in prossimità di un punto vendita o comunque in aree ben precise)
  • Possibilità di essere visto da molte persone e per molte volte
  • Sforzo minimo da parte dei destinatari (che non devono, ad esempio, sintonizzarsi su una rete o acquistare un giornale come invece accade per altri media)

Svantaggi:

  • Estrema sinteticità (di solito i manifesti sono messi in luoghi di passaggio, ad esempio lungo una strada, dove i tempi a disposizione per la lettura sono minimi)
  • Impossibilità di essere diretti in maniera selettiva verso uno specifico destinatario (a differenza di altri media è molto più difficile prevedere chi vedrà un manifesto)
  • Eventuale immagine negativa del medium che può riverberarsi sulla pubblicità (talvolta la cartellonistica ambientale è stata ritenuta deturpante per il paesaggio o l’estetica urbana e distraente per chi guida un veicolo)

PARLIAMO UN PO’ DELLA STORIA DEL MANIFESTO.

La data di nascita del manifesto è incerta. Elogi di merci e servizi, e appelli delle autorità si ritrovano fino nelle culture dell’antichità. La sua riproduzione, una delle caratteristiche tecniche principali, è tuttavia divenuta possibile soltanto a partire dal 1440 con l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Johannes Gutenberg (Mainz, 1397–1468). Iniziò allora ad incrementarsi la diffusione di affissi generalmente di impostazione tipografica, riguardanti principalmente, oltre alle pubblicazioni ufficiali, gli annunci di manifestazioni nel campo dell’intrattenimento.

Nel 1798 Alois Senefelder inventò la litografia, la cui tecnologia è stata ulteriormente sviluppata in tutta Europa nel corso del 19° secolo. Le impensate possibilità di espressione artistica derivanti da questo nuovo mezzo e il suo effetto visivo stimolarono artisti di tutta Europa. Un fattore decisivo per il successo del manifesto, che durante la rivoluzione francese e i successivi disordini ha vissuto un momento di gloria soprattutto come mezzo di affissione a contenuto politico, è stato anche la generale ripresa economica.

Nel 19° secolo lo sfruttamento delle macchine a vapore ha dato inizio all’industrializzazione, le cui produzioni di massa accesero la necessità di stimolare i consumatori all’acquisto di determinati prodotti che andavano al di là dei bisogni primari. Connessa all’industrializzazione è stata anche la comparsa delle masse dei lavoratori, che per la necessità di compensare il lavoro e di alleggerire la propria situazione sociale spesso disagiata, erano molto ricettive a qualsiasi proposta di intrattenimento.

Nella seconda metà del 19° secolo lo sviluppo accelerò in modo autonomo e del tutto inaspettato creando condizioni proficue per un ulteriore evoluzione del manifesto: erano sempre di più i prodotti da vendere, sia le fasce più povere che quelle più ricche avevano bisogno di intrattenimenti sempre nuovi, il turismo iniziava a svilupparsi e, tenendo conto dei notevoli ribaltamenti politici, economici e culturali, il manifesto continuava ad essere un fedele strumento della propaganda politica.

Per l’introduzione del formato standard chiamato “Weltformat” si deve risalire allo svizzero Karl Wilhelm Bührer (1861–1917). Bührer era stato il fondatore e caporedattore della rivista quindicinale “Die Schweiz”, che per quasi 20 anni è stata considerata la rivista letteraria e artistica dominante della Svizzera tedesca. In seguito ad un fallimento commerciale si vide costretto a spostare la sua attività all’estero. A Monaco Bührer fondò nel 1911 la “Brücke”, i cui ambiziosi progetti rimasero incompiuti a causa della sua morte e della Prima Guerra Mondiale.

Il Weltformat fu definito dal premio Nobel e membro del gruppo Brücke Wilhelm Ostwald, basandosi, come anche il formato per carta da lettera DIN, sulla diagonale del centimetro quadrato (a livello matematico: radice di 2 = 1,414). Tale formato fu presentato nel 1913 sul numero 4 della rivista “Das Plakat” (Il Manifesto) e venne impiegato per la prima volta in occasione della Esposizione nazionale Svizzera a Berna nel 1914.

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