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Il retino stocastico detto anche retino FM è un sistema di riproduzione di una sfumatura tramite retinatura basata su una distribuzione casuale o pseudocasuale dei punti del retino.

Il retino normalmente utilizzato nella stampa offset è definito retino AM.

La differenza sostanziale sta proprio nel fatto della casualità dei punti immagini per lo stocastico, mantenendo le stesse dimensioni con geometrie diverse in base all’intensità stessa,
mentre invece nel retino normale AM la puntinatura segue una base geometrica ed aumenta o meno il diametro del punto (immagine).

Sviluppatosi fin dai primi anni del 900 per riuscire a riprodurre in stampa una sfumatura continua oppure una scala di grigi di varie densità definiti anche “mezzitoni”.

La retinatura stocastica viene anche definita retinatura a modulazione di frequenza in quanto, esaminando singole omogenee unità di superficie di una sfumatura stampata con retino stocastico in aree di varie densità, si nota una variazione della frequenza dei punti a seconda del livello di grigio o percentuale presa in esame.

– Differenze sostanziali tra retino tradizionale e retino stocastico:

Il retino detto “tradizionale” prevede la riproduzione del tono continuo tramite punti di dimensioni diverse posti tutti alla stessa distanza. Nella Stampa ad esempio a 4 colori ogni retino di ogni inchiostro (ciano, magenta, yellow, black) deve essere opportunamente “angolato” rispetto agli altri per evitare fastidiosi problemi di interferenza ottica, in gergo tecnico chiamato effetto “moiré”, specialmente quando si stampano texture di piccole dimensioni (tessuti, trame ecc). Questi di evidenziano con delle “specie” di macchie dovute alla sovrapposizione non uniforme dei punti di retino sul fondo bianco.

Il retino detto “stocastico” invece prevede la riproduzione del tono continuo tramite punti di dimensioni uguali (la minima possibile) posti a distanze diverse, in questo modo permette di avere in stampa una definizione migliore delle immagini fotografiche, ma allo stesso tempo una diminuzione dei contrasti e soprattutto una leggera sensazione di granulosità dell’immagine.

Va quindi valutato a monte l’utilizzo di un retino tradizionale piuttosto che stocastico in relazione al lavoro e tenendo in considerazione gli aspetti produttivi a cui si vuole dare importanza, non è detto che l’utilizzo di uno escluda l’altro… (molte volte è utile lavorare con entrambi i metodi per avere un risultato finale eccellente).

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Nel primo medioevo la riproduzione di testi e immagini era affidata a figure dette “Amanuensi”, generalmente frati che data la loro formazione sapevano leggere e scrivere, il cui compito era quello di copiare testi antichi e di corredarli con immagini.

Nonostante la credenza europea, la nascita della stampa la si deve alla CINA ed esattamente durante la dinastia TANG (618-907 DC).

Infatti secondo gli archeologi, uno dei primi stampati con caratteri mobili in terracotta sarebbe una copia del libro Buddista SUTRA DEL DIAMANTE (risalente al 848 DC).

Probabilmente data la fragilità dei materiali e l’infinità degli ideogrammi che compongono l’alfabeto cinese, questo sistema di riproduzione venne accantonato.

Intorno al 1448 GIOVANNI GUTEMBERG, orafo di Magonza, mette a frutto la sua consolidata esperienza d’incisore e realizza caratteri mobili sostituendo il legno e il ferro, a una nuova lega costituita da antimonio, stagno e piombo.
Tale innovazione unita alla scelta di nuovi inchiostri e alla realizzazione di una pressa ispirata al torchio per l’uva, da la possibilità a GUTTEMBERG di realizzare il primo volume stampato, la famosa “BIBBIA A 42 LINEE”.

Grazie a questa innovazione nasce la STAMPA TIPOGRAFICA, che si svilupperà velocemente in tutta l’Europa.

Nel giro di pochi anni anche in Italia si diffonde la stampa a caratteri mobili, basti pensare che nella sola Repubblica di SAN MARCO nasceranno fino a 417 editori, il più famoso sarà ALDO MANUNZIO le cui edizioni dette “ALDINE” sono a tutt’oggi ricercatissime dai collezionisti di tutto il mondo.

Il primo libro stampato in lingua italiana è la “DIVINA COMMEDIA” fu realizzata da JOHANNES NUMEISTTER nella sua tipografia di Foligno nel 1472.

Ci vorrà più di un secolo per vedere la stampa a caratteri mobili al di là dell’oceano, infatti si hanno tracce di stampati in America a partire dal 1630.

Il sistema di stampa caratteri mobili e torchio rimarrà invariato fino al 1814 quando FREDERICH KOENIG costruì a Londra la prima macchina da stampa piano cilindrica, la quale aveva una velocità di stampa molto più performante rispetto al torchio manuale (1100 copie ora rispetto alle 300).

Nel 1866 nasce invece negli STATI UNITI la prima rotativa della storia, che riusciva a stampare contemporaneamente in bianca e volta un nastro continuo di carta (fino a 12000 segnature ora).

All’avvicinarsi del secolo un’altra invenzione stravolge il mondo della stampa, infatti nel 1875 ROBERT BARCLAY inventa la stampa offset su stagno che verrà poi riadattata su carta nel 1904 da WASINGTON RUBEL.

Questo tipo di stampa non più diretto segna l’inizio del declino dei caratteri mobili inventati da GUTTEMBERG che verranno sostituiti dalle matrici in alluminio.

Questo tipo i stampa è un processo indiretto, dove i grafismi e contro-grafismi sono sul medesimo piano.
I grafismi parte lipofila, hanno la caratteristica di accettare le sostanze grasse (inchiostro), i contro-grafismi parte idrofila invece, composti in allumino, hanno la caratteristica di trattenere l’acqua e di rifiutare le sostanze grasse.
La stampa OFFSET si basa sullo stesso principio chimico e fisico della litografia alla quale prende origine la sua invenzione, che si basa sull’incompatibilità degli inchiostri oleosi con l’acqua, l’unica differenza è che invece di stampare il foglio a contatto diretto con la matrice di alluminio la stampa viene trasferita passando anche attraverso un cilindro di gomma e poi definitivamente sul foglio di carta (doppio passaggio di stampa indiretta).

Siamo così arrivati al mondo attuale, dove la tecnologia industriale e l’elettronica hanno proiettato il mondo della stampa al mondo del digitale.

Con un semplice computer e una buona stampante si realizzano stampati in qualche ora quando prima ci voleva qualche giorno.

In realtà la prima macchina digitale compare nel 1969 come prototipo della XEROX e poi seguito da quello della IBM realizzato nel 1976.

Dati i costi di produzione e le ragguardevoli dimensioni dei prototipi, dovranno passare ben 8 anni di sviluppo e ricerche per vedere nel 1984 il primo esemplare della LASERJET HP.

La diffusione di questa tecnologia, avverrà solo all’inizio degli anni 90 con la commercializzazione su scala mondiale delle stampanti a getto d’inchiostro ad aghi e laser a sublimazione.

Macchine sempre più compatte e con un eccellente rapporto qualità della stampa e costi di acquisto e manutenzione hanno così mandato definitivamente al museo i caratteri mobili di GIOVANNI GUTTEMBERG.

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